
Riportiamo qui di seguito la trascrizione dell’intervento di Magda Górecka, ospite da noi al Polski Kot il 4 dicembre 2021 all’interno della rassegna KobieTo!.
Magda è considerata uno dei “volti” delle proteste in Polonia, alimentate dalle strette sulla legge dell’aborto, legge in fieri già dal 2016. Attivista indefessa, nel 2019 fonda KaWtan, associazione che unisce arte e mondo femminile. Linkiesta le ha destinato il riconoscimento “Europea dell’anno”, per omaggiare la lotta delle donne polacche e bielorusse nella difesa della democrazia nei loro Paesi; anche il quotidiano Politico l’ha inserita tra le leader più influenti delle proteste in Europa nel 2020.
Nell’autunno del 2016 il governo di destra polacco (principalmente il partito PiS “Diritto e Giustizia”, con Jarosław Kaczyński) ha iniziato un’opera di inasprimento della legge sull’aborto in Polonia. Questo ha fatto sì che migliaia di persone in 147 città della Polonia siano scese in strada a protestare.
È in quel momento che è nato in Polonia lo Sciopero Nazionale delle Donne (in pl. Ogólnopolski Strajk Kobiet), con tutta una serie di vari comitati nelle singole città. Allora sembrava che il governo, di fronte all’enormità delle proteste, avesse rinunciato a procedere con la legislazione contro l’aborto. Oggi, purtroppo, sappiamo che non è stato così.
Interprete: Giulia Randone.
Per un approfondimento sulle proteste in Polonia vi invitiamo a seguire i contributi di est/ranei.
«Anzitutto volevo ringraziare Daria e voi che siete qui raccolti così numerosi. Non capisco una parola di italiano. Parlavo prima con Giulia (Randone), e mi diceva che forse vale la pena fare una breve introduzione, dal momento che non tutti si orientano sul tema. Quella che vi propongo non è una lezione, ma una breve sintesi di ciò che è successo in Polonia e del perché oggi siamo qui a parlarne.
Prima dell’anno 1993 in Polonia c’era la possibilità di abortire ad ogni condizione, per cui alla donna che si presentava dal ginecologo veniva posta la domanda: “vuole andare avanti con la gravidanza oppure interromperla?”. Nel 1993 la Polonia ha firmato un concordato con il Vaticano tramite cui si stabiliva che l’aborto sarebbe stato reso illegale, eccezion fatta per tre condizioni:
- nel caso in cui la gravidanza era il risultato di uno stupro, di una violenza;
- se la gravidanza costituiva un pericolo per la salute della donna;
- se il feto presentava dei danni incompatibili con la vita o dettati profondamente da patologie.
Nel 2015 è salito al potere il PiS (Prawo i Sprawiedliwość, Diritto e Giustizia) partito che tuttora detiene la maggioranza, e che fino al 2016 ha lasciato noi donne polacche in una condizione di compromesso.
Nel 2016 al Sejm (la camera bassa del parlamento polacco) è giunto un progetto volto a rendere completamente illegale l’aborto: è in seguito a questa proposta di legge che sono iniziate le proteste, le donne sono scese in piazza ed è nato il movimento tuttora attivo di Ogólnie Polski Strajk Kobiet (Sciopero nazionale delle donne polacche), supportate dai nostri partner maschili e a cui si sono unite anche moltissime cittadine in Polonia. In seguito a queste proteste il PiS ha ritrattato le proprie posizioni. Ma, come poi gli anni hanno dimostrato, si trattava di una posizione intermedia e attendista. Infatti, nell’aprile del 2020 la Godek (Kaja Godek, deputata attivista antiabortista) ha riproposto un progetto di divieto totale dell’aborto.
Come sappiamo, è poi scoppiata la pandemia e le restrizioni ad essa connesse che purtroppo non ci consentivano di manifestare in piazza come solitamente facevamo. Già in aprile, però, siamo scese di nuovo in strada. Ovviamente, impossibilitate a riunirci in massa, abbiamo dovuto trovare delle soluzioni alternative: abbiamo protestato davanti ai negozi (mantenendo la distanza richiesta), abbiamo creato una serie di striscioni di proteste, abbiamo protestato in macchina suonando il clacson e abbiamo avviato varie campagne di protesta su internet. Anche questo ha causato una reazione del governo e ha consentito che il movimento continuasse ad avere una voceNel frattempo, il progetto della deputata Kaja Godek non è divenuto legge, però la corte costituzionale polacca che è stata eletta in maniera illegale, tuttora in parte inquisita dall’Unione Europea, ha fatto sì che le proposte andassero avanti. Siamo arrivati al 20 ottobre 2020 quando il deputato Przyłębska ha detto che la terza condizione della legge del ‘93 (vd. sopra) era in realtà in disaccordo con la costituzione polacca.
Dal 22 ottobre dello scorso anno siamo ritornate in piazza tutti i giorni per dimostrare la nostra insoddisfazione e, scusate la parolaccia, la nostra incazzatura profonda (wkurw). La parolaccia è importante per noi dal momento che buona parte della propaganda del PiS consiste proprio nello screditarci come persone non brave, che non parlano in maniera corretta. Siamo state brave, buone, educate abbastanza e adesso, non a caso, abbiamo scelto come slogan della nostra protesta un verbo polacco che significa “levati dal cazzo”, oppure “vaffanculo PiS”, (wypierdalaj PiS) e queste scelte lessicali che compaiono sugli striscioni non sono affatto casuali.
Il Covid ha generato diversi dubbi sulle modalità in cui fosse possibile protestare: c’era chi temeva di riunirsi pubblicamente, alcune delle attiviste sono state anche perseguitate dalla procura. A me personalmente questo non è accaduto, forse sono particolarmente invisibile, e di questo ne gioisco.
L’estate del 2021 è trascorsa in maniera piuttosto tranquilla, fino al caso accaduto qualche giorno fa che coinvolge una donna giovane di circa trent’anni, di nome Izabella: la prima vittima ufficiale della proposta di legge che vieta l’aborto in caso di gravi danni al feto. Questa donna è morta di setticemia alla 22°/23° settimana, perché i medici avevano timore di effettuare l’aborto per paura di essere perseguitati dalla legge. Io, personalmente, penso che un medico sia qualcuno che ha pronunciato il giuramento di Ippocrate, un giuramento che deve rispettare, ma questo è solo il mio modesto parere. Egli si è difeso manifestando il suo timore di essere sottomesso a sanzioni di tipo giuridico.
Qual è la situazione delle donne polacche oggi? Le donne polacche hanno paura a restare incinte perché sanno che, nel caso in cui il proprio feto presenti dei difetti, non potranno accedere all’aborto, anche se la presenza di questo feto può costituire una minaccia per la vita della madre. Di fatto, ormai, è reso impossibile ogni tipo di aborto legale e quindi si sono create tante associazioni clandestine che assistono le donne che vogliono abortire.
Cito Federa, Strajk Kobiet, Aborcija Bez Granica (Aborto senza frontiere): queste associazioni ricevono una richiesta d’aiuto da parte delle donne che vogliono abortire, preoccupandosi di creare le condizioni affinché questo avvenga, naturalmente al di là del confine polacco. Quando la donna non è in grado di sostenere le spese per il viaggio e la cura, le associazioni coprono anche l’aspetto economico, attraverso collette e raccolte fondi. Questo, naturalmente, risolve solo in parte il problema: molte donne si vergognano di dichiarare di essere incinta e di voler abortire, ci sono ragazze minorenni, gente rimasta incinta in seguito a stupro e violenze di vario tipo. Bisogna considerare che ogni gravidanza è una storia a sé. Si è tornati così ad una pratica barbara e che spesso si conclude in tragedia: quello degli aborti domestici realizzati alla belle meglio, con tecniche che è possibile eseguire in casa e che, spesso, si concludono con la morte della stessa donna.

Con Magda Górecka
(da sx: Anna Mangiullo, Magda Górecka, Daria Anna Sitek, Giulia Randone. Foto: Jonasz Cieslak).
Parliamo qui di malformazioni fetali spesso incompatibili con la vita. Un altro caso recente è quello di una ragazza che presentava già altre patologie psichiatriche e che dall’ecografia ha scoperto di portare in grembo un bambino affetto da acrania, cioè senza la struttura esterna della scatola cranica (quindi tutti gli organi a vista, malformazione incompatibile con la vita); il direttore dell’ospedale, che l’aveva in cura, nonostante avesse ricevuto un certificato dichiarante che la ragazza sarebbe stata pronta a commettere il suicidio nel caso in cui l’aborto non sarebbe stato effettuato, ha comunque deciso di non eseguire l’aborto. In questo caso è intervenuta Federa che è riuscita a farla trasferire in un altro ospedale in Polonia, dove questa pratica viene eseguita, ma è appunto un’eccezione. Molte solo le donne che negli ultimi anni hanno commesso suicidio a causa all’impossibilità di abortire. Spesso mi sentirete parlare di “noi” donne perché mi identifico con la storia di tutte le donne. Un altro problema di cui vorrei parlare è quello di uno Stato che si preoccupa tantissimo di un bambino quando è nella pancia, ma che poi, una volta partorito, quando nasce e cresce con un handicap, si ritrova in una società che non lo accoglie. La Polonia, infatti, non ha sufficienti strutture di accoglienza per garantire a questi bambini un’assistenza adeguata: il nostro quindi è uno stato interessato alla fase precedente alla nascita, dopo la quale però si dimentica di tutto.
A capo di questi progetti proposti di tanto in tanto alla camera del parlamento, c’è un’associazione che porta il nome di ORDO IURIS. Sappiamo che al PiS c’è gente che non ha una moglie ma un gatto, e che conosce poco le donne. Anche la chiesa gioca un ruolo nel voler governare le scelte delle donne. Arriviamo allora agli ultimi avvenimenti, al 1 dicembre del 2021, quando al Sejm è stato proposto un progetto che prevedeva una punizione dai 5 ai 25 anni di carcere, se non addirittura l’ergastolo, per chi abortiva. Giusto per fare un paragone: il colpevole di stupro rimane in carcere per 12 anni.
Si arriverà presto alla situazione in cui, una donna stuprata, in piena disperazione. decide di abortire e se trova un giudice simpatico può esser condannato all’ergastolo, quando il colpevole della sua violenza al massimo prenderà 12 anni (quando sappiamo che il più delle volte la pena viene ridotta a pochi mesi). Benvenuti nella Polonia del XXI secolo!
Al momento questo progetto è stato rifiutato ma, visto come il PiS ha agito finora, ci rendiamo conto che se non passerà dal Sejm passerà attraverso Przyłębska (Julia, giudice polacca, presidente del Tribunale costituzionale polacco dal 2016). Nella stessa occasione al Sejm c’è stata un’altra proposta da una figura spregevole, Rublenski, a capo di ORDO IURIS, che si è proposto come capo di una nuova istituzione dal nome “Istituto della Famiglia e della Demografia”. Alcuni degli obiettivi di questo istituto sono, ovviamente, l’aumento delle nascite: l’istituto si propone di raccogliere i dati delle cittadine che rimangono incinte e controllare la gravidanza di ognuno. Questo istituto potrebbe intromettersi anche in questioni giudiziarie. Anche il tribunale in Polonia è estremamente politicizzato e, tra i vari diritti che si arrogherebbe, ci sarebbe anche quello di togliere la potestà dei figli a quei genitori non in linea con il pensiero del PiS.
Noi donne polacche oggi viviamo come incubatrici viventi, moriamo sui roghi dell’inquisizione e adesso il governo dibatte anche su questioni relative all’educazione dei figli.
Un esempio è la recente proposta del ministro dell’istruzione di introdurre a scuola come materia “introduzione alle virtù femminili” che, in sintesi, prevedono una sottomissione al proprio marito. Non sarà sicuramente la mia generazione a dover apprendere le nuove virtù, ma le nuove ragazze dovranno imparare ad essere modeste, buoni, gentili, in una parola sottomesse.
Sembra ridicolo che in un paese come la Polonia, che è stato forse il secondo in Europa a dare il diritto di voto alle donne (oltre cent’anni fa le donne polacche hanno conquistato il diritto di voto) e adesso siamo andati così indietro. In una regione polacca, Pomorze, una direttrice scolastica ha redatto un regolamento che prevede che le sue alunne debbano indossare gonne e pantaloni a maniche lunghe per non tentare i compagni maschi.
Credo profondamente nella necessità di questa battaglia. Siamo molto legate al movimento delle donne argentine che un anno fa, dopo 15 anni di lotta, sono riuscite a ottenere il diritto ad un aborto legale, sicuro e gratuito (è anche il motto che porto nella bandana che ci rappresenta). Penso che lotterò fino alla fine perché ritengo incredibile che nel centro dell’Europa ancora brucino i roghi.
E’ una situazione patologica nella quale non sono lesi soltanto i diritti delle donne ma anche quelli di qualsiasi altra minoranza, come quella LGBT, con cui spesso lottiamo insieme. La nostra è una lotta comune a favore di tutti quei diritti costantemente violati, a favore di tribunali che siano sempre liberi, e a favore di media che non siano effettivamente in mano al governo.Penso che il presidente Kaczyński riesca a rendere e a giocarsela in maniera molto efficace: crea un nemico comune contro cui aizzare tutta la società ed effettivamente gli riesce molto bene. È stata coniata anche una definizione efficace per questo modo di fare: nella storia della Polonia non si è mai vista una tale troia in grado di dividere la nazione come mai fatto prima. Ci sono famiglie che non stanno più sedute insieme nelle festività perché separate da pensieri politici differenti.
Ciò che manca in Polonia è in effetti l’educazione sessuale nelle scuole. Né maschi né femmine hanno una conoscenza scientifica di quello che sono le possibilità anticoncezionali, qualcosa la scoprono da internet ma manca esattamente questo, non si parla neanche di istinti sessuali, come se queste fossero tematiche tabù.»
W historii Polski nie było jeszcze takiej kurwy która tak podzieliłaby naród